Investita da una luce saturnina e clericale
che ammiraglia decreta i tuoi oscuri lineamenti
tracciai nel sogno un pallido e timido labiale.
Cantavi dal giardino d'autunno in sottotono
nella penombra, adornato di minuscoli pendagli
sorretti come lacrime, su quel tuo morbido profilo.
Mia vergogna e rossore, color della ciliegia,
mi offrivo generosa alle tue ansiose labbra
calde, inesplorate e dal sapore di gelso.
Come un vecchio cercatore d'oro e di diamanti,
predavi la purezza e, regale come in un safari,
mi adornavi di amor per farmi a te dolcezza.
Teneramente finivi all'alba per ignorare me..
e come un tenore fedele al suo poetico sonetto
scorrevo in estasi, su di te, liscia come la seta.