Non sò cosa sia questa vita forse come dice il mio amico Angelo ... è tutta una follia ...

Appunti di Viaggio 79 (L'alce e la felce)



Nel secondo parco più freddo del mondo
fitti abeti inclinati a benvenuto sul pendìo
l’uomo conta dieci passi e dieci alla volta
che si affacciano sulla valle della vita
nel risalire quel tripudio di natura folle
che colora di verde anche la scura veste
resta in silenzio tra il ghiaccio e la felce
facendosi strada nella tundra desolata.

Il primo passo lo vede in una mistura
di limo e fogliame cristallizzato humus
a ricerca di un nutrimento oltre la frontiera
e il secondo lo avverte sulla caviglia gonfia
si pianta come una zappa su di un masso
affina i pungoli di acciaio all’umida vena
si sposta di un miglio dalla cremagliera
e al secolo riafferma la solenne esistenza.

Il terzo risponde solitario al panorama
si apre come una fiocina tuffata nel mare
sale fitta la foschia dal pianoro incantato
epiche colline narrano le trucide battaglie
sgretolano il ricordo di un soldato affamato
nel trovar rifugio tra cave di tufo e sangue
lasciando alle spalle il cuore di una madre
prende il quarto che guarda assorto il passo
dimentica la guerra che indietro lo ha pervaso
e segnato come un graffito alla caverna buia.

Il quinto riprende a scatto la sua ascesa
un acqua più fresca della felce mattutina
tace quella poca miseria nella bisaccia
non si cura delle carni dolenti e tatuate
come un alce afferra il suo destino bieco
e cosparge la finta muta di corna al ramo
come una frusta molle che si allena alla bufera
e il sesto non può che appellarsi al senso
il sudore e la spossatezza pesano a rigetto.

Il settimo spegne nel suo cuor l’ultimo fuoco
ricordo di un tepore nell’ammucchiata della sera
una lenta strimpellata di bengio e di armonica
le note evadevano fredde come in una prigione
ad accompagnar quel melodioso scoppiettìo
tinto carminio come se leggesse l’orizzonte
e l’ottavo abbandona il suo per sempre addio.

Il nono passo risveglia ai piedi i suoi geloni
e come un maschio confuso di una mandria
a lenire il dolore cerca in sogno la compagna
un colbacco lo risparmia dal suo duro sentire
dalla fregola e nella pelliccia intrisa di cenere
riavvolge il budello attorno alla sua cinta
rimesta nella brace un lembo di cotenna
riporta con un salto il covone alla tracolla
e riprende quella via con il fucile in spalla.

La caccia non gli ha donato ancora la sospirata alce
ma cumuli di felce a dieci passi e dieci calpestata
a pochi istanti dal focolare e dalla sua donna amata.

4 gennaio 2013 copyright@Marilena Capitanio